Bologna, la città che iniziò il “dolce stil novo”, oggi è lontana dal secolo in cui il vate cantava:
“Io voglio del ver la mia donna laudare”.
Le riviste, e ancor più le testate dei quotidiani, spesso riportano fatti di incredibile violenza che si verificano, soprattutto, a danno delle donne. Un fenomeno esteso anche alle altre grandi città della nostra società.
Cosa spinge l’uomo a questi atti bestiali? La parità dei diritti uomo-donna tanto auspicata, ormai acclarata, dalle donne sembra che abbia provocato nell’uomo un senso di malessere, che lo spinge a lottare fino all’estremo delle sue forze, per difendere la categoria a cui appartiene. Non si comprende per quale motivo egli si pone in competizione con la donna, sia essa un’estranea o una appartenente alla famiglia, e l’unica cosa che lo può contraddistinguere a questo punto è soltanto la sua “forza fisica”. È proprio quella alla quale attinge per distruggere, al fine di ricostruire la sua immagine forte. Noi donne, fortunatamente, abbiamo ancora conservato, a parità raggiunta, il senso del romanticismo al quale non siamo mai riuscite a rinunciare. Per cui, sono convinta che se non si vuole una società costituita di due grandi eserciti d’acciaio in lotta tra loro, per finire sul tappeto entrambi alla fine, è bene che si faccia uso dell’intelligenza. Quella proprio non ha sesso! Riconoscere all’uomo la sua forza fisica, che dovrà ovviamente impiegare in modo positivo e non distruttivo, è uno sforzo che la donna può tollerare e quindi riconoscere. Mentre la donna, al di sopra di tutto, dovrà ricordarsi del suo ruolo privilegiato di madre, considerando che le grandi vittime di questi eserciti senz’anima sono proprio i bambini. Il premio? Le si riconoscerà il suo romanticismo ed il privilegio di essere la prima persona nel cuore del suo uomo. Sogni? Può darsi, ma vale la pena tentare.
La natura, per fortuna, a volte suggerisce la via da trascorrere per raggiungere l’isola ridente della felicità. Sogni? Può darsi, ma vale la pena ascoltare.
Nevica. Scende leggera a fiocchi a rinfrescare i cuori. Ricopre ogni piccolo spazio. Da un volto nuovo alla purezza. Siamo nel 2013 e il bianco che arriva dal cielo racchiude in sé la freschezza e il candore dell’innocenza.
La figlia della neve
Fiocca la neve lenta, ai cardinali,
candida e leggera, fresca si posa.
Il canto che mutò le pastorali,
rinnova oggi, coprendo ogni cosa.
Scende imbiancando vie, su per i fianchi
cosparge di freschezza portici antichi;
reggenti di pensieri, adesso, stanchi,
dormienti tra le rime di bei canti.
Scende leggera ancor, mera si posa
sui tetti delle case, dignitosa.
Ricopre borghi e spazi ad anelli
e copre Garisenda e gli Asinelli
Col suo mantello bianco, teso a festa,
la Piazza Grande di città si desta
e accoglie, sotto luce rinnovata,
la figlia della neve appena nata.
Oggi si alza ancor più ricca e amata,
la città “dolce di stile” acclamata.
con voci bianche, fresche, di cantori,
ritrova pagine di grandi vecchi allori.
Carmelina Petullà