“Il cielo in rovina” di Michele Lorefice
A volte basta poco per capire l’intreccio di un romanzo, a volte no. Il primo capitolo del romanzo Il cielo in rovina di Michele Lorefice è uno di quelli che, giustamente, percorre un’altra strada. Dove ti addentri e chiedi aiuto alla riflessione; c’è bisogno di riflettere su alcuni aspetti che da subito emergono a prima lettura. Qual è il fine del racconto? Quale il messaggio che l’autore ci vuole lasciare?
Facendo scorrere l’occhio, e la mente, sul foglio c’è da chiedersi e farsi domande sui valori della vita: sull’irrazionalità della vita. Si rimane da subito colpiti da un senso di annullamento della propria identità e dalla ricerca assidua di se stessi nell’attualità di un mondo portato all’irrazionalità così per come oggi è conformato. E il protagonista del racconto ne è un esempio portato alle estreme conseguenze.
Egli sembra vivere una vita priva di speranze, dove l’edonismo sfrenato è l’elemento dominante di ogni sua azione nella vacuità di un vuoto interiore apparentemente senza vie d’uscita. Un vicolo cieco dove non c’è luce, ma solo apparenza riflessa da un luccichio continuo e fluorescente, ingannevole. In questo contesto il protagonista sembra prospettarci una vita da nulla, senza mete, senza obiettivi. Un carpe diem moderno portato all’arrembaggio di una fugace e passeggera avventura di fine settimana senza alcun disturbo sui sentimenti.
E il giovane uomo, navigato nell’arte del sedurre, è l’emblema della società contemporanea che non volge lo sguardo al futuro, che non guarda ad un possibile ideale, ma che sta insofferente nella stupidità di questo mondo, dove tutto è inutile e privo di significato. Ed è, quindi, per questo che Alberto si immerge nel sesso e nei piaceri del sesso con un desiderio recondito di annullare ogni suo pensiero, il desiderio stesso della vita. In questo contesto la sessualità, che non è amore, è solo la punta di iceberg affiorante in un mare gelatinoso di inconsistente nullità.
Ma è solo questo? No, certamente.
Sarebbe necessario analizzare i comportamenti del protagonista per capire fino in fondo l’intreccio fra razionalità e irrazionalità, elementi questi messi in luce dal suo modo di pensare poggiato sull’io al centro dell’universo dove tutti gli altri, le persone, altre vite umane che lo circondano, le ragazze con cui ha consumato un amore, sono “stupidi e inutili” definendo, così, un atteggiamento antisociale. Per fare questo bisognerebbe leggere tutto intero il romanzo, per vedere se veramente, come dice il titolo, il cielo è in rovina o è solamente l’uomo, che, nella sua piccolezza, vive nella provvisorietà del giorno e non sa uscire da un continuo rodaggio che lo tiene inceppato “in questo fottuto mondo”.
Pasquale De Luca
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