“La figlia della neve” di Carmelina Petullà

Bologna, febbraio 2013

Bologna, la città che iniziò il “dolce stil novo”, oggi è lontana dal secolo in cui il vate cantava:

Io voglio del ver la mia donna laudare”.

 

Le riviste, e ancor più le testate dei quotidiani, spesso riportano fatti di incredibile violenza che si verificano, soprattutto, a danno delle donne. Un fenomeno esteso anche alle altre grandi città della nostra società.

Cosa spinge l’uomo a questi atti bestiali? La parità dei diritti uomo-donna tanto auspicata, ormai acclarata, dalle donne sembra che abbia provocato nell’uomo un senso di malessere, che lo spinge a lottare fino all’estremo delle sue forze, per difendere la categoria a cui appartiene. Non si comprende per quale motivo egli si pone in competizione con la donna, sia essa un’estranea o una appartenente alla famiglia, e l’unica cosa che lo può contraddistinguere a questo punto è soltanto la sua “forza fisica”. È  proprio quella alla quale attinge per distruggere, al fine di ricostruire la sua immagine forte. Noi donne, fortunatamente, abbiamo ancora conservato, a parità raggiunta, il senso del romanticismo al quale non siamo mai  riuscite a rinunciare. Per cui, sono convinta che se non si vuole una società costituita di due grandi eserciti d’acciaio in lotta tra loro, per finire sul tappeto entrambi alla fine, è bene che si faccia uso dell’intelligenza. Quella proprio non ha sesso! Riconoscere all’uomo la sua forza fisica, che dovrà ovviamente impiegare in modo positivo e non distruttivo, è uno sforzo che la donna può tollerare e quindi riconoscere. Mentre la donna, al di sopra di tutto, dovrà ricordarsi del suo ruolo privilegiato di madre, considerando che le grandi vittime di questi eserciti senz’anima sono proprio i bambini. Il premio? Le si riconoscerà il suo romanticismo ed il privilegio di essere la prima persona nel cuore del suo uomo. Sogni? Può darsi, ma vale la pena tentare.

La natura, per fortuna, a volte suggerisce la via da trascorrere per raggiungere l’isola ridente della felicità. Sogni? Può darsi, ma vale la pena ascoltare.

 Nevica. Scende leggera a fiocchi a rinfrescare i cuori. Ricopre ogni piccolo spazio. Da un volto nuovo alla purezza. Siamo nel 2013 e il bianco che arriva dal cielo racchiude in sé la freschezza e il candore dell’innocenza.

La figlia della neve

Fiocca la neve lenta, ai cardinali,

candida e leggera, fresca si posa.

Il canto che mutò le pastorali,

rinnova oggi, coprendo ogni cosa.

Scende imbiancando vie, su per i fianchi

cosparge di freschezza portici antichi;

reggenti di pensieri, adesso, stanchi,

dormienti tra le rime di bei canti.

Scende leggera ancor, mera si posa

sui tetti delle case, dignitosa.

Ricopre borghi e spazi ad anelli

e copre Garisenda e gli Asinelli

Col suo mantello bianco, teso a festa,

la Piazza Grande di città si desta

e accoglie, sotto luce rinnovata,

la figlia della neve appena nata.

Oggi si alza ancor più ricca e amata,

la città “dolce di stile” acclamata.

con voci bianche, fresche, di cantori,

ritrova pagine di grandi vecchi allori.

 Carmelina Petullà

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Poesie