La nostra associazione ha organizzato una manifestazione culturale dedicata a Natuzza Evolo

Molta gente ha partecipato, sabato 20 luglio, nel Giardino delle Suore del Cottolengo a Tropea, avvolta in  un suggestivo scenario dominato dalle maestose araucarie e sotto lo sguardo benevolo della Madonna, alla manifestazione “Poesia e Fede” organizzata dall’Associazione “Tropea: Onde Mediterranee”, con il patrocinio del Comune di Tropea Assessorato alla Cultura e in collaborazione con le suore che hanno fornito ospitalità, piena collaborazione e hanno accolto il pubblico con gentilezza e cortesia.

     È stato presentato il libro “Natuzza Evolo: due chiacchiere con Maria” di Giusy Staropoli Calafati, affermata poetessa di Briatico, che si impone nel contemporaneo panorama dei poeti calabresi per la sua poesia forte, intensa, carica di passione, impregnata di sofferto amore per la terra e per le genti di Calabria.

     Dopo i saluti dell’Assessore alla Cultura del Comune di Tropea, prof. Lucio Ruffa, che ha tracciato un profilo generale della poetessa, degli aspetti tipici della sua poesia, e ha ricordato brevemente l’immagine di Natuzza raccontando di un suo incontro con la mistica di Paravati quando era ancora ragazzo, ci sono stati gli interventi del prof. Pasquale De Luca, presidente del Premio Internazionale di Poesia“Tropea: Onde Mediterranee”, scrittore e poeta, e di don Nicola De Luca, parroco della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea.

   Il prof. Pasquale De Luca con la sua relazione, Giusy Staropoli Calafati: poesia e fede, ha posto l’accento sulle caratteristiche specifiche della poesia di Giusy Staropoli Calafati vista sotto l’aspetto tecnico-stilistico soffermandosi, in particolare, sull’intreccio “poesia e fede” dominanti nel libro, il tutto visto sotto l’ottica dell’amore: amore di mamma, amore di figlia.

     Don Nicola De Luca, invece, ha sviluppato il suo intervento parlando di Umanità e spiritualità di Natuzza Evolo. Don Nicola, anche con ricordi personali, ha evidenziato la forte spiritualità di Natuzza, donna e madre, la sua umanità fatta di dedizione e umiltà, il suo vivere quotidiano sulla terra col pensiero a Dio e alla Madonna, il suo soffrire con amore, la sua preghiera continua per la salvezza delle anime, la sua ubbidienza alla Chiesa di Dio.

     Giusy Staropoli Calafati, a conclusione della serata, illuminata da una splendida luna, ha parlato del fatto occasionale che l’ha portata a scrivere le sue poesie su Natuzza, dodici poesie come dodici gli Apostoli di Gesù, dell’ispirazione che l’ha guidata nel suo lavoro e delle fatiche del comporre. Ha declamato con modulata voce sulle parole alcune poesie ed ha suscitato visibile emozione nel pubblico, che è rimasto contento e ha applaudito convinto.

     L’intera manifestazione è stata condotta con ponderato garbo dalla prof.ssa Marcella Davola ed è stata ingentilita da alcune opere in legno intagliato e su tegole di coccio, a soggetto religioso, dell’artista Michelangelo Gallipoli, conosciuto come Angiulinu.

     In allegato la relazione del prof. Pasquale De Luca.

Relazione

Poesia e fede in “Natuzza Evolo: due chiacchiere con Maria”

di Giusy Staropoli Calafati

     Un giorno, uno di questi giorni caldi, giorno di san Giovanni, sono sceso giù in giardino, mi son seduto all’ombra degli aranci. Ho letto un libro, un libro piccolo di pagine, un libro grande di contenuto. “Natuzza Evolo: due chiacchiere con Maria” di Giusy Staropoli Calafati. Un libro che non è un libro, perché è un dialogo, un parlare, uno stare insieme, un dire sottovoce in confidenza come due amici che si incontrano e si raccontano.

     Stasera noi siamo qui all’ombra delle araucarie e delle palme sotto lo sguardo buono della Madonna che ci guarda con amore di mamma. Di mamma…

     Della mamma noi vogliamo parlare, con parole diverse, io e don Nicola che mi è accanto. Della mamma terrestre, della mamma celeste: Giusy Staropoli Calafati che è mamma; Natuzza Evolo mamma terrestre e mamma celeste; Maria, la Madonna, divina mamma, mamma di tutti noi.

     Giorni fa, entrato in una chiesa a Reggio Calabria, sono rimasto impressionato da una scritta tratta dal Vangelo: “La tua fede ti ha salvato”. Fede, fiducia, credere. Io aggiungo poesia. E non basta, perché devo dire anche: amore. Questi sono i tre termini che legano insieme le componenti del libro: fede, poesia, amore. Tutte insieme vogliono dire: speranza e vita. Speranza e vita sono la stessa cosa, convivono nella stessa dimensione: se c’è vita c’è speranza, se c’è speranza (che poi altro non è che desiderio, volontà) se c’è speranza, dico, c’è vita. Vita materiale vissuta, da vivere sulla terra, vita spirituale da vivere domani nell’eterno celestiale. In Paradiso, accanto a Gesù, ai Santi, a Maria la mamma santa.

     Fede: sicurezza, certezza, forte desiderio che ciò avverrà. In Cielo come in terra, dirà don Nicola.

     Poesia: la vita intera è poesia. In tutti i suoi passaggi: dalla nascita alla morte.

     Amore: la vita è amore. In tutte le sue manifestazioni.

     Giusy Staropoli Calafati è una donna, una giovane donna. Ed è una mamma, una giovane mamma. Con quattro bambini e uno sposo affettuoso. Ma è una poetessa, una poetessa che parla in poesia, che comunica le sue impressioni, i suoi sentimenti, i suoi pensieri in poesia. È un peccato questo? Oggi, che la società sembra prediligere il peccato esaltandolo e glorificandolo in tutte le sue più recondite sfaccettature, parlare e scrivere in poesia non è peccato, anzi è una cosa meravigliosa, un miracolo direbbe la persona che mi sta accanto, tanto più un miracolo se si scrive poesia religiosa. È ciò che fa, che fa molto bene la nostra poetessa in questo libricino dove non fa poesia nel senso classico della parola, ma, prendendo voce dalla bocca di Natuzza, fa “due chiacchiere con Maria”, con Maria che è la Madonna. È ciò che facciamo anche noi. Anche noi che non saremo giudici censori, ma che diremo due cose soltanto. Faremo due chiacchiere fra di noi, senza pretese accademiche, senza paludamenti intellettualistici. Due parole fra di noi, fra amici, semplici semplici.

     Intanto: il libro è un dono d’affetto e d’amore della figlia alla mamma. Acquistatelo. Anche voi parteciperete al dono che la figlia fa alla mamma: “… figlia mia cara/ mi farai una grande chiesa!”, la chiesa Cuore Immacolato di Maria, Rifugio delle Anime; contribuiamo a questo grande dono che la figlia (Natuzza, e tutte le figlie del mondo) fa alla Mamma (la Madonna, mamma di tutte le figlie e di tutte le mamme).

     Di Giusy, “la brigantessa” come viene definita, io conosco la tematica, lo stile della sua poesia. So che nella bellezza delle sue opere prorompe forte e sanguigno il carattere nostro calabrese, specialmente in quelle scritte nella nostra lingua, il vernacolo, il dialetto di Calabria a lei più congeniale. Poesia di denuncia la sua, di passione, di amore. Poesia che scaturisce come sangue dalle vene. Poesia piena di vita. Poesia piena di slanci che non ammette ripensamenti. Poesia che ti lascia senza fiato. Poesia bella come bella è la vita. Poesia dirompente, a volte aggressiva. Non violenta. E allora?…

     Allora… Con queste premesse non è stato facile alla poetessa usare le sue parole in una dimensione diversa, farle scorrere lente e fluenti  nel ruscello vivo della fede, della religiosità, farle prendere forza, farle divenire grande fiume di amore verso la Madonna, nostra mamma. Non è stato facile, per lei, abbandonare un abito poetico a lei più confacente che la caratterizza nella sostanza, nel contenuto, nell’aspetto formale. Lei non tradisce il suo interiore poetico, lei non tradisce la sua penna poetica, ma li piega alla semplicità del linguaggio, alla familiarità dialogico/discorsiva per come le vicende trattate richiedono: deve fare solo “due chiacchiere” fra due donne diverse e uguali: due mamme Natuzza e Maria, cioè mamma Natuzza e Maria, la Madonna, mamma di tutte le genti,  unite da un grande amore, da un grande dolore (anzi tre, perché la poetessa non sta fuori, ma partecipa anche lei alla conversazione). In ciò la poetessa ci è riuscita molto bene trascinata dall’amore grande di un’altra mamma, mamma Natuzza. È l’amore che ha spinto la signora Giusy a scrivere queste poesie in onore di Natuzza e della Vergine Maria. Amore di figlia, amore di mamma. Due amori, anzi tre, sono alla base di questo libro: l’amore di Giusy, l’amore di Natuzza che ha accettato i segni di Gesù, l’amore di Maria, la Madonna, che ha sofferto l’agonia del figlio che moriva in croce. E ha fatto ciò con le sue parole, come se facesse due chiacchiere, così in confidenza. Come fanno, o facevano, le nostre donne a sera dopo una giornata dura di lavoro passata nei campi, o nelle ore calde del giorno, sedute sul gradino delle porte o all’ombra degli alberi, e discorrevano in libertà e si dicevano i loro segreti, si raccontavano le fatiche. Quelle passate, quelle da venire il giorno dopo.

     Giusy Staropoli Calafati non rimane chiusa nel salotto dorato dei grandi poeti. Scende in mezzo al popolo, parla al popolo. Al popolo che crede e che non crede. Parla la lingua del popolo. La lingua vera, la lingua della fede, la lingua dell’amore, la lingua della speranza, la lingua della vita: la lingua di Dio. In una ispirazione che sa di sofferenza, di accettazione, di dedizione. Di immedesimazione, aggiungo a ragion veduta. Immedesimazione nel dolore, nell’amore di Natuzza verso la Madonna, Maria, alla quale offre tutte le sofferenze fisiche sempre con amore in un afflato spirituale. Mamma Natuzza: “Eccolo lo strumento di Dio!” in cui “si compiace la croce/ mentre gronda sui suoi piedi,/ a stille caste , quel sangue …/ E la madre accetta  e non piange!” . La madre, accetta il dolore, accetta le sofferenze, accetta la macerazione del corpo martoriato nelle piaghe, accetta tutto e lo offre con cuore puro all’altra Madre perché porti tutto in dono al figlio suo amato Gesù nostro Signore. Lei sa che le sue sofferenze sono un segno di un Amore molto grande che mai l’uomo con la sua scienza precisa può misurare, neppure immaginare, un amore infinito che tutto abbraccia, che tutto domina, che tutto circonda. E lei, misera donna, “poveraccia, e poveraccia sono”, lo prende su di sé a testimonianza del Divino Amore con passione.

     Di questo parla la Staropoli. Di questo: amore, dolore. E lo fa in poesia, che è anche sofferenza, passione, amore. Amore di Dio verso l’uomo, amore dell’uomo verso Dio. E ciò è vero, se anche gli antichi greci, fautori di cultura e di civiltà, affermavano che la poesia è un dono, come la vita, come l’amore, è un dono di Dio. Accettiamo, quindi, questo dono e rivolgiamolo con generosità e con fede a Dio tramite Natuzza e sua mamma Maria. Con “due chiacchiere” sottovoce sulla via del Signore la tua fede ti salverà.

     Tropea, Casa del Cottolengo, sabato 20 luglio 2013, h. 20,30

Pasquale De Luca

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