“I piccioni sono aquile” di Franca Berardi

LA RECENSIONE DEL RACCONTO DI FRANCA BERARDI “I PICCIONI SONO AQUILE”.

È sempre piacevole leggere un racconto, a qualunque età. Se poi trattasi di un bel racconto, ancora meglio. Consente di distrarsi, di andare su pensieri leggeri, di immaginare una società diversa, più saggia, più buona. Più giusta. Consente di allontanarsi dalle preoccupazioni della giornata, a volte uggiosa, che non passa mai. È il caso di questo racconto. Che non è un racconto, nel senso classico del termine, ma una fiaba come quelle di Fedro e di Esopo. Con un antefatto, una trama, un finale. E protagonisti gli animali. Che hanno vizi e virtù, atteggiamenti umani.

I piccioni sono aquile, che si caratterizza per vivacità di narrazione, per fluidità di parola, ben entra nel mondo della fiaba moderna. Il racconto prende il lettore e lo porta fino alla fine in un crescendo di emozioni centellinate in una suspense che lascia sempre in attesa. Esso è la satira ed è la parodia di un mondo politico di oggi dove i personaggi con altri panni, con altre “piume”, potrebbero essere sovrapposti a uomini veri e reali che dominano la scena della vita pubblica italiana.

Quindi I piccioni sono aquile è una fiaba. Per questo è piacevole e divertente. Piace leggere, distrarsi. Ma ha una morale: al lettore trovarla.

Pasquale De Luca

IL RACCONTO

Joe aveva malmenato un piccione.
Nessun testimone, a parte, i suoi canarini; ma Joe era molto preoccupato sapeva che, prima o poi, gli uccellini avrebbero cantato… sebbene fossero ancora in muta. Eppure, a ben pensarci, Joe aveva sempre amato gli animali; ma quel piccione, impiccione, aveva superato ogni limite di sopportazione…
Entrava in casa sua, mangiava, sporcava e se ne andava via come fosse lui e solo lui, il padrone indiscusso di quella dimora.
Più volte, Joe, aveva tentato di cacciarlo via ma il volatile tornava sempre più risoluto e tracotante che mai e, come se non bastasse, lasciava i suoi cadeau a mò di dispetto. Meritava ,dunque, una lezione esemplare, ma, ora che tutto si era compiuto, Joe temeva le eventuali ritorsioni del piccione e della sua famiglia.
Del resto, era ovvio che così fosse; quel pennuto era un tipo tosto, grosso, muscoloso e picchiava duro.Andava in giro con un suo pari forse anche più muscoloso ed imponente di lui. E che dire del padre? Anche quel pennuto, non scherzava di certo e si faceva rispettare da tutti: passerotti e canarini inclusi.
Dunque, Joe aveva compreso che aveva commesso un grosso torto nei confronti della famiglia del piccione e anche una immensa cazzata. Con i piccioni non si scherza, come con i mafiosi del resto, e lui lo sapeva bene.
Guardò a lungo i canarini che, preoccupati, guardarono a lungo lui. Ormai Joe era sempre più sicuro che li doveva eliminare…se ne andava convincendo sempre più. Poi, per occultarli, li avrebbe cotti in salmì o nella polenta…
E dire che lui amava tanto gli animali! Per giustificare a se stesso quello orrendo misfatto, ormai li sentiva come nemici; anzi, a ben pensarci, si era ricordato che li vedeva spesso in combutta con il piccione…guarda caso, proprio adesso se ne era accorto! Con lui, i cantori pennuti saltavano e svolazzavano per mostrargli il loro affetto; ma con il padrone, apparivano indifferenti e scostanti.
E dire che li aveva sempre trattati come dei principini: miglio, uova, biscotti, insalata, sempre fresca, e frutta a volontà.
E, quando li vedeva, annoiati invitava delle passerotte compiacenti, per qualche “piuma party”.
“Ed io pago…ed io pago…”ogni tanto pensava, ridendoci su.
Ma gli ingrati, dimentichi delle sue premure, avrebbero cantato non per quattro denari, ma per un semplice savoiardo o una foglia di insalata o, giusto, per il gusto di sputtanarlo.
Oppure avrebbero telefonato all’amico degli animali, quello bello, alto, muscoloso, alfine di mortificarlo e di avere in cambio popolarità e qualche comparsata come tronisti.
Lì di passerotte e passere, ce ne sono a gogò.
Al limite di ogni pudore, sarebbero andati a “Forum” davanti a Rita Dalla Chiesa e, così, il povero Joe, sarebbe stato umiliato sia da lei che dai suoi opinionisti, i tuttologi che non sbagliano mai…(paura,paura).
In pieno delirio, ormai Joe si vedeva esposto al ludibrio di tutti e ripreso dalle telecamere di “Striscia la notizia” al cospetto dell’amico degli animali che lo avrebbe rincorso a lungo con l’indice della mano sollevato quasi a volerlo rimproverare o minacciare.
Ah! No, quello col dito alzato, è uno delle “Iene”, maledizione!
Ormai Joe era travolto dalla paura e dalla confusione ed,intanto, ripeteva tra se e se:”che vergogna! Proprio a me tale figuraccia, a me, stimato professionista, che ho venduto azioni anche poco sicure, ai più sgamati investitori, senza mai sbagliare un colpo, senza subire alcun danno d’immagine.”
Sempre più in preda al terrore, si vedeva obbligato ad un triste esilio su un’isola dei non famosi e condannato, per sempre, a soffrire la fame e la sete.A lungo andare, Joe perse la cognizione della realtà; iniziò a bere, a fumare e a praticare ogni tipo di vizio, dimentico ormai di sé e della propria immagine.
Abbandonò il lavoro e si lasciò andare al degrado assoluto.
Con la barba incolta e lo sguardo perso, aspettava il suo turno, la sua condanna.
Ormai non aveva più nulla da perdere.
Ma proprio quando si sentiva soverchiato completamente dalla confusione e dalla agitazione, riapparve il piccione.
Aveva qualche piuma in meno, un bernoccolo in testa ed un occhio nero, ma appariva più fiero e in forma che mai; anzi come se non bastasse, lo osservò con aria di sfida.
Joe, dapprima esterefatto, tirò alfine un sospiro di sollievo e così fecero anche i canarini che avevano intuito ogni cosa.
E, dunque, finalmente tutto a posto, tutto come prima ma già si percepiva nell’aria, l’avvisaglia di qualche nuova possibile rappresaglia perché, inutile dirlo, i piccioni non desistono, non mollano mai. Del resto , ve l’ho già detto, i piccioni sono aquile!E Joe , ormai, lo sapeva bene.

Franca Berardi

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